Parrocchia di San Martino a Sesto F.no #2

Contributo di alcuni soci della parrocchia di S. Martino a Sesto.


Arrigo, coordinatore del servizio mensa della Misericordia di Sesto
Continua il dramma dei migranti.
Fuggiti dall'inferno dei campi di prigionia libici, dalla guerra civile, dal contagio del Covid-19, i profughi vanno incontro ad un destino di speranza quanto mai ignoto in questo momento di emergenza virus, in cui l'Italia, in via temporanea, si dichiara "porto non sicuro" alle navi che fanno salvataggio.
Eppure non si può negare il soccorso e l'ospitalità di chi rischia di morire in mezzo al mare, come è successo nel naufragio di oggi con decine di vittime disperse nel Mediterraneo.
Pur con le enormi difficoltà del momento, vorremmo che il nostro governo e l'Europa si rivolgessero a chi compie missioni di salvataggio con le parole di Papa Francesco "Grazie per tutto quello che fate.Vorrei dirVi che sono a disposizione per dare una mano sempre. Contate su di me".
Parole di speranza e di vita.

Giancarla
La parola che in questo momento sento risuonare dentro di me con maggiore frequenza è “Speranza”, e forse non sbaglio a pensare che lo sia anche per tantissime altre persone, credenti e non. E poi accanto a questa ce n’è un’altra, forse più personale e intima della precedente, ed è “Gratitudine”.
Vediamo se sono così brava da chiarire il mio pensiero, mi perdonerete per le imprecisioni e le ripetizioni, ma sto cercando di trasferire su queste righe quello che sento con più forza e che mi ritrovo nell’animo come un torrente in piena, che vuole uscire , allargarsi, inondare tutti quelli che mi stanno vicino.
La speranza mi fa compagnia in ogni momento della giornata, al mattino appena mi sveglio, durante le faccende quotidiane in casa, mentre sono in coda a fare la spesa, mentre sono a tavola con i miei familiari e il sottofondo delle notizie del TG, nella pausa pomeridiana quando ognuno di noi si dedica a quello che più gli piace, la sera al tramonto quando mi arrivano le note dell’Ave Maria di Lourdes diffuse dalla chiesa di San Giuseppe Artigiano, e infine durante le ore notturne.
E’ proprio allora che questa parola esplica tutta la sua forza, nel momento in cui cerco di misurare tutto il baratro della mia debolezza, della nullità del mio essere che un essere ancora più microscopico di me ha messo in discussione. Lo sconforto, per non dire la disperazione , sarebbero enormi se non si affacciasse piano, piano il suono di questa parola unica che ci ha insegnato Gesù, speranza.
Che cos’è per me la speranza? E’ la certezza che Lui c’è, è qui, ora, in questo momento, e che ci sarà sempre, mi sembra di sentirLo proprio vicino a me , che mi ripete: “Non temete, non abbiate paura, io sarò con voi sempre”!! Così la voglia di piangere lascia il posto alla gioia, al desiderio di proseguire il cammino della vita con entusiasmo, alla volontà di accettare le prove quotidiane con una forza vitale rinnovata, perché Lui è la speranza, la sola che conti davvero!!!!
E subito dopo mi ritrovo a volerLo ringraziare per questo, a dirgli quanto gli sia grata per aver concesso anche a me il privilegio e la grazia di credere, e di aver colmato di meraviglie la mia vita fin dalla nascita….
Grazie, MIO SIGNORE E MIO DIO.


Piero
Viviamo in un tempo sospeso, in un tempo dilatato che non si basa più sulla routine e sulle scadenze quotidiane che avevamo fino a soli due mesi fa. Lo sentiamo ripetere spesso in questo periodo di emergenza Coronavirus ma è un concetto che forse dovremmo approfondire per non adeguarci a una inattività che rischia di farci perdere, paradossalmente, anche gli stimoli e i segni ‘di bene’ che potrebbero derivare da una situazione così drammatica. Diceva don Lorenzo Milani che il tempo non è nostro ma è del Padreterno e che se lo utilizziamo male facciamo un peccato: credo che questa riflessione, impegnativa sicuramente, potrebbe guidarci come un faro in questo momento. La mia vita, come quella di tutti certamente, si è profondamente trasformata dopo l’arrivo del Covid-19. Compirò fra poco 80 anni, ho lasciato il lavoro da molto dopo una intensa attività sindacale e politica. Una volta andato in pensione, mi sono trovato con diverso tempo a disposizione che ho dedicato alla mia famiglia, piuttosto numerosa e con diverse esigenze, oltre che ad attività per me congeniali, anche collegate all’esperienza precedente, come l’impegno nel doposcuola in parrocchia e quello nella Fondazione don Milani dove, in particolare, mi occupo dell’accoglienza alle scolaresche e ai gruppi in visita a Barbiana. L’emergenza legata al virus ha bloccato queste attività e mi ha messo di fronte ad una nuova situazione personale che ho dovuto accettare, adeguandomi a quanto avveniva intorno, consapevole anche del fatto che chi come me è in pensione e può contare su una certa stabilità economica ha sicuramente meno difficoltà rispetto a chi lavora e da un momento all’altro si è visto mancare la sicurezza delle entrate. In ogni caso, in questo periodo di forzata ‘clausura’, ho dovuto reinventare il mio tempo e l’ho fatto dedicandomi ancora di più alla famiglia e anche alla casa che fino a pochi mesi fa frequentavo decisamente meno e che ho riscoperto pure come valore. Anche i rapporti umani, pur difficoltosi, sono cambiati: prima del virus le telefonate con gli amici o anche gli incontri erano caratterizzati spesso da fretta vista l’incombenza di tante cose da fare mentre ora mi trovo a parlare più a lungo e in maniera più sentita con le persone a telefono o anche con quelle che, magari, incontro per strada pur non potendomi soffermare a lungo. Si è dovuto trasformare anche il rapporto con la religione: io sono abituato a seguire le funzioni in chiesa e a partecipare in maniera piuttosto assidua alla vita della comunità parrocchiale mentre ora devo assistere, con la mia famiglia, alla celebrazione della Messa online, una formula che per chi, come me, è più abituato a un contatto diretto è un po’ strana. Mi sono trovato più volte a leggere in questi giorni che questo periodo drammatico, una volta terminato, ci renderà migliori perché ci farà capire quali sono le cose che contano ma non sono convinto che questo sia vero. Se riflettiamo sulla nostra storia vediamo che l’uomo non ha appreso la lezione terribile della prima guerra mondiale e poi si è gettato in un secondo devastante conflitto e in tante altre occasioni ha mostrato di non avere fatto tesoro delle esperienze precedenti. Occorre sforzarsi per fare il bene. Questa situazione terribile ci lascerà, purtroppo, tanti insegnamenti ma dovremo essere noi a acquisirli e a acquisire soprattutto il senso della nostra fragilità. Spero che almeno questa tempesta ci aiuti a comprendere l’importanza della competenza che vuol dire studio e lavoro serio e della necessità di impegnarsi a livello politico anche facendo scelte impopolari e non solo esprimendosi, magari dando credito a fake news, sui social network. L’ultima riflessione che mi viene da fare è legata invece alle morti che ogni giorno, con i dati costantemente aggiornati, questo virus ci ha messo di fronte: per la prima volta dopo tanto tempo siamo tornati a parlare di decessi (anche se al plurale) mentre fino ad ora, riferendoci a chi non c’era più, avevamo costantemente utilizzato perifrasi come “è scomparso, se ne è andato, ci ha lasciato, è volato in cielo” e altre ugualmente rassicuranti come per voler rimuovere l’idea della morte. Ora abbiamo dovuto fare i conti di nuovo con la morte e con la morte da soli, in una corsia di ospedale, senza la compagnia di persone care. Una cosa atroce, terribile, ma non diversa dalle morti dei tanti che hanno perso la vita in mare, da soli, nell’indifferenza e che probabilmente non ci hanno toccato più di tanto. Sicuramente meno delle morti per Coronavirus.

Fabio
Forse, anzi sicuramente, questo periodo sarà ricordato nel prossimo futuro con sentimenti,
sensazioni, percezioni, indicazioni diverse da come lo possiamo oggi interpretare nel pieno della contingenza.
La storia che sarà scritta assumerà diverse connotazioni, sia per quelli che non avranno vissuto
questo presente sia per quelli che come noi lo stanno vivendo.
Va da sè che il presente vissuto sarà molto diverso fra chi non sarà stato colpito né in prima persona né nei familiari rispetto a chi purtroppo avrà subito la tristissima condizione di malattia.
In linea generale, soltanto nel momento in cui le autorità governative nazionali hanno decretato con rigore le misure comportamentali da adottare, è stata presa coscienza della gravità della situazione.
A quel punto pensieri, preoccupazioni, timori, smarrimento hanno preso il posto di quella realtà apparentemente molto distante fino ad allora percepita.
Una novità assoluta , epocale, storica, incredibile, che la mente non avrebbe potuto immaginare neppure con la più fervida fantasia.
Dopo i primi momenti di sgomento e interdizione anche per le difficoltà pratiche emergenti, aiutati fondamentalmente dalla tecnologia informatica, si sono create nuove forme di socialità con contatti virtuali che lentamente hanno sostituito quello che era il nostro vivere di sempre.
Uno stacco repentino dal solito quotidiano, che ha portato a riflessioni e pensieri decisamente nuovi.
Per assurdo mi è parso addirittura di percepire più vicinanza, più solidarietà, più uguaglianza e un deciso risveglio di una spiritualità rinnovata, riscoperta, rispetto a quella antecedente che  rischiava di affossarsi nella abitudinarietà e nel conformismo.
Si, mi sento di affermare che questo stop sociale ha dei risvolti positivamente inattesi che ci mettono di fronte ad interrogativi che evidenziano tutta la nostra pochezza umana.
Anche il silenzio è un elemento importante, silenzio in città, silenzio in noi stessi.
Questa pausa sociale richiama in larga scala la giornata mondiale della lentezza, istituita proprio per vivere un giorno l’anno con minor stress e movimento.
In estrema sintesi a mio avviso l’ elemento positivo che emerge da questa enorme criticità è il maggior tempo per riflettere su noi stessi, sulla nostra fragilità umana che a momenti dimenticavamo, sul nostro essere individui che stanno sperimentando anche la solitudine e tramite questa il proprio rapporto con il Divino.